Non so, non capisco, non m’adeguo… e torno sempre allo stesso punto.
Un po’ come quando vado al supermercato, che con la scusa che sta vicino non faccio mai la lista e la memoria mi tradisce… il sale, la farina, il detersivo per i piatti… Invece succede che la mia mente fa capriole all’indietro di mesi e mesi mentre, come diceva il Maestro, dovrebbe restare nel “presente continuativo non deviante”;
Che poi forse se il passato è troppo presente il presente non accade mai.
Soli ad un indimenticabile concerto. Soli, ma vivi.
C’era una volta la scoperta del comune amore per un barbuto musicista, dall’inconfondibile voce, sempre sul punto di spezzarsi, come i nostri sogni in fragile equilibrio sulla realtà.
Tipo un sorriso abbozzato magicamente colto dall’obbiettivo. Lo stesso obbiettivo salvatosi miracolosamente da una brutta caduta.
Grazie per quei quaranta minuti di bellezza.
Che poi succede che ti chiamano persone che non sentivi da anni, persino dall’estero, che non si sa bene perché, la distanza o che ognuno fa la sua vita e non c’è più molto da condividere. E ti fa piacere, ché significa che in qualche angolo riposto della memoria ci sei ancora. E invece magari ti aspetteresti da altri un messaggio, una parola, un “come va?” e stai lì a guardare e riguardare il telefono, la posta elettronica ma niente. E allora pensi che, come è inutile vivere (male) aspettandosi un’altra scossa da un momento all’altro, così lo è attendendo una parola che non arriverà mai.
E il pezzo musicale al solito non c’entra granché ma stasera avevo voglia di riascoltarlo, Cesare Basile, da questo disco
(più testi di Lou Reed qui)
Il dentista mi presenta un preventivo a quattro cifre e a me torna in mente una breve poesia di Velimir Chlebnikov, “Poco, mi serve. Una crosta di pane, un ditale di latte, e questo cielo e queste nuvole.”
Citato da uno dei miei autori italiani preferiti, Paolo Nori, nel romanzo che me l’ha fatto scoprire. A dirmi che non ho molto ma allo stesso tempo non ho bisogno di molto. Però ancora per oggi la riscriverei. Poco mi serve, una crosta di pane, un ditale di latte, questo cielo, queste nuvole ed il tuo braccio che sfiora il mio.
Le ho perse, non le ho mai avute o forse sono semplicemente troppo corte. Fatto è che ogni volta che sento di poter spiccare il volo qualcosa m’afferra senza grazia per i piedi e mi tira giù. Una sensazione che mette assieme un libro, una poesia ed anche un poco una canzone.
L’educazione permette di mangiare
con educazione e permette
altre cose; ma se vuoi volare
le ali si hanno o non si hanno
(Patrizia Cavalli)